A Camposanto (MO), nonostante alcune difficoltà iniziali, nella primavera del 1944 ci sono una decina di resistenti casamaini.altervista.org/a-cam
L’organizzazione militare, come abbiamo già visto, viene impiantata nell’autunno-inverno del 1943 con la costituzione dei primi G.A.P. (Concordia e San Possidonio prima, poi Cavezzo) che hanno una struttura e comandi a base territoriale

Fausta Cialente firma quattro racconti collasgarba2.altervista.org/fa
Fausta Cialente collaboratrice della rivista «Noi Donne»La collaborazione di Fausta Cialente con «Noi Donne» <21 inizia nel 1949 e termina nel 1955. Fausta Cialente pubblica sulla rivista contributi di vario genere fornendo una collaborazione costante e assidua che si intensifica soprattutto negli ultimi anni. Nello specifico la sua produzione si può suddividere in: racconti e […]

Un siciliano comandante partigiano in provincia di Parma casamaini.altervista.org/un-si
Le principali informazioni biografiche e politiche su Luigi Cortese sono ricavate da un documento redatto dalla Direzione del P.C.I. dal titolo Biografia di Militante, dove vengono riportati dettagliatamente dati sulla vita personale, sull’attività politica e sulle persecuzioni subite da Luigi Cortese. <537 Si tratta in realtà di tre schede, in cui

Ma andiamo a punteggiare collasgarba2.altervista.org/ma
Non c’è nulla di così instabile come la crusca,perché han fatto un’accademia così precaria?Presenzio Astante [Alfredo Moreschi]Presentiamo ora, per far sfoggio di cultura, una serie di dotti riferimenti sulla punteggiatura. Come, ma come non ricordare, l’olio su tela La doublure du sommeil di René Magritte? Ed Emilio Isgrò? Ed il lettrismo?E come non rammentare, a […]
L'articolo Ma andiamo a punte

In quel momento avevamo in mano tutto: la Gladio, la P2 e… casamaini.altervista.org/in-qu
Occorre approfondire il ruolo di primo piano svolto dalla loggia Propaganda 2; come ho già accennato, in varie stragi il suo Gran Maestro Licio Gelli è uno degli architetti della strategia. Possiamo generalmente considerare Gelli come parte non solo attiva, ma anche decisionale riguardo alla strategia intrapresa dall’estrema destra italiana in

Gli ultimi scontri armati e le ritorsioni naziste sui civili nell’area ovest della Val di Nievole collasgarba2.altervista.org/gl
Dopo aver colpito il 23 agosto del ’44 nell’area del padule di Fucecchio, le operazioni dell’esercito tedesco, temendo, da quando l’armata britannica si era sganciata per dirigersi a Pesaro, una imminente avanzata degli americani nel territorio della Val di Nievole,

L’occupazione partigiana della stazione ferroviaria di Spotorno casamaini.altervista.org/loccu
Esporsi fiancheggiando la Resistenza restava estremamente pericoloso per chiunque: la repressione non guardava in faccia a nessuno. Il 21 ottobre [1944], a Maddalena di Sassello, i “marò” fucilarono il parroco don Minetti, reo di aver aiutato i partigiani <105. Tra ottobre e novembre, prima di subire il rastrellamento che l’avrebbe

La forma di esproprio adottata contro gli ebrei era stata probabilmente ricalcata su un altro istituto già allora previsto dai codici collasgarba2.altervista.org/la
Premessa.La ricerca di cui intendo descrivere qui i primi risultati d’insieme è il proseguimento di un lavoro sull’applicazione delle leggi antiebraiche a Torino già pubblicato da tempo <1. In

Comunque il ’68, nel suo spot chiassoso e colorato, si è manifestato come evento radioso casamaini.altervista.org/comun
Il maggio ’68 è stato un passo più lungo della gamba, poi si sarebbe andati indietro, era ben difficile il proseguire in equilibrio, senza cadere (come per Legnano, per Little Big Horn, o per il P.C.I. nel ’76: è arduo gestire bene una vittoria inaspettata – anche se inaspettata solo per

Il “Chicago Tribune” tracciò il profilo dei due comunisti collasgarba2.altervista.org/il
Del resto, la strategia statunitense non implicava una chiusura totale al dialogo con i dirigenti del PCI, quanto che la discussione che fosse dettata e gestita sempre con i tempi e le modalità dettate dalle necessità politiche del governo federale. Il responsabile economico del PCI, Luciano Barca, raccontò che poco dopo il rifiuto del visto […]

La risicata maggioranza con cui viene eletto Leone si regge, in sostanza, sui voti decisivi del Msi casamaini.altervista.org/la-ri
Come emerso nel corso della trattazione relativa alla presidenza Saragat, gli anni ’70 rappresentano un periodo di forte crisi per il Paese sotto ogni punto di vista. Sul piano economico, terminata la fase di crescita, si attraversa una prima ondata di arresto: la

Buranello acconsente di fare il gappista «per disciplina» collasgarba2.altervista.org/bu
Il Partito comunista era l’unico [a Genova], seguito in ciò dal Partito d’azione, ad essere riuscito a conservare una seppur embrionale struttura organizzativa; il tutto all’interno del mondo operaio che, agli occhi dei giovani e imprudenti cospiratori, appariva invece inerme e sfiduciato. Gli studenti non potevano credere che i pericolosissimi

Ripresero le occupazioni di terre in tutto il Lazio

A livello di sistema agrario, nel Lazio prevaleva il latifondo: in particolare, nella provincia di Roma era diffusa quella che Antonio Cederna definì «un’agricoltura d’attesa», cioè un uso agricolo degli appezzamenti di terra in attesa di una destinazione speculativa dell’area. Di questi latifondi era principalmente proprietaria l’aristocrazia romana: i Torlonia, gli Odescalchi, i Boncompagni, la marchesa Sforza Cesarini. Come abbiamo visto, l’individuazione da parte del Pci di «200 famiglie» (nobili legati al Vaticano, agrari, industriali, gestori dei servizi pubblici che monopolizzavano a Roma il rifornimento dell’acqua, del gas, della luce elettrica e detenevano in pratica l’esclusiva degli appalti delle opere pubbliche, ecc.) era uno modo per poter «collegare le lotte per l’occupazione, per la salvaguardia e la riconversione delle industrie esistenti, per una nuova industrializzazione, con le lotte agrarie. L’intreccio tra potere politico ed economico, fra proprietà e speculazione, conduceva naturalmente alla grande proprietà assenteista, alla quale si contrapponevano braccianti, compartecipanti, contadini poveri» <953.
Fu questo il contesto in cui, nell’immediato dopoguerra, si svilupparono molte lotte contadine, che Gino Settimi, presidente dell’Alleanza provinciale dei contadini di Roma alla metà degli anni ’70, definì come «lotte rivendicative per soddisfare l’aspirazione secolare alla terra» che avevano anche «contenuti strutturali, volevano eliminare cioè i residui feudali. L’occupazione delle terre, le battaglie per l’equo canone, per la giusta causa permanente, quelle mezzadrili tendevano ad intaccare la struttura della proprietà terriera» <954.
Per tutto il 1949, in attesa delle iniziative di riforma agraria, la conflittualità nelle campagne fu crescente in tutto il Paese: in quello che è stato definito come l’anno dell’«assalto al latifondo» e della «riscossa contadina» <955, l’aspirazione del mondo contadino era la redistribuzione della terra, il superamento del latifondo e la diffusione della piccola proprietà <956. Tuttavia, come ha evidenziato lo storico Silvio Lanaro, queste lotte, per quanto diffuse in tutto il paese, avevano obiettivi – si andava dalla suddivisione del latifondo a una razionalizzazione delle colture che aumentasse le opportunità di lavoro, dalla riduzione dei canoni di affitto per i coloni alle assunzioni nelle imprese di bonifica – e forme di lotta diversi: non trovarono, quindi, un coordinamento unitario <957.
Nella prima metà del 1949, mentre tutti i braccianti e i lavoratori agricoli della penisola erano in agitazione, a Roma gli scioperi agrari ebbero un’adesione molto bassa e limitata principalmente alla zona di Maccarese <958: dei numerosi comizi organizzati dalla Federterra, molti andarono deserti.
Alla fine dell’ottobre 1949, gli eccidi di Melissa e di Isola Caporizzuto, in Calabria, fecero da denotatore a un nuovo ciclo di lotte contadine in tutta Italia, la cui estensione, probabilmente, non era stata prevista neanche dal Pci: i comunisti, anzi, furono colti di sorpresa da questa ondata di lotte, come ammise lo stesso Togliatti in una Direzione del partito del novembre 1949 <959. Come sottolineato dallo storico Aldo Agosti, questo movimento fu molto importante per l’affermazione di nuovi equilibri politici e sociali dell’Italia meridionale, dove non c’era stata la Resistenza, ma le lotte contadine rimasero separate da quelle operaie del Nord anche per l’incapacità del Pci di saldare le rispettive rivendicazioni <960.
Alla fine del novembre 1949 – e poi, soprattutto, nel mese successivo – ripresero le occupazioni di terre in tutto il Lazio, coinvolgendo così anche l’Agro Romano e alcune aree più vicine al centro cittadino. Con una comunicazione del 14 novembre, il prefetto di Roma Trinchero informò la questura della capitale della necessità di prendere “in seria considerazione il pericolo che vengano effettuati in questa Provincia tentativi di occupazioni di terre così dette incolte. Se si considera che in questa Provincia dopo il 1947 non si sono più avute occupazioni di terre e che il numero delle domande di concessioni è enormemente diminuito, appare evidente che il pericolo sopra accennato torna a riaffiorare in seguito agli incidenti verificatisi in Calabria e, quindi, per ragioni politiche e per effetto di una subdola opera di propaganda e di incitamento. Difatti “l’Unità” nella cronaca del Lazio n. 266, del 9 c.m., ha pubblicato un articolo “Terre incolte” a firma di Antonio Bongiorno, nuovo segretario della Confederterra Romana, con il quale si è impostata, fra l’altro, la situazione particolare delle così dette terre incolte in Provincia di Roma con informazioni e notizie inesatte, artatamente combinate e falsate allo scopo di preparare gli animi della massa alle eventuali, e forse prossime, lotte di lavoratori della terra contro i maggiori proprietari dell’Agro Romano. […] Sembra, poi, che presso la Federterra e la Camera confederale del Lavoro di Roma si svolgano riunioni di agitatori per l’organizzazione di una campagna diretta a provocare le occupazioni, che dovrebbero avere simultaneamente inizio in un determinato giorno in varie zone dell’Agro Romano e del restante territorio della Provincia, seguendo la tattica di far occupare limitate astensioni di terreno per ogni tenuta, costellando così di occupanti tutta la zona, per rendere ovviamente più difficoltoso, sotto ogni aspetto, l’intervento delle forze dell’ordine”. <961
In una circolare del 3 dicembre, Pòlito [n.d.r.: questore di Roma] affermò che, in conformità alle disposizioni della Confederterra di Roma, il giorno successivo avrebbero dovuto avere inizio le occupazioni di terre considerate incolte. Secondo Pòlito, la maggior parte delle invasioni sarebbero state effettuate da contadini provenienti dai comuni di Zagarolo, San Cesareo, Colonna, Montecompatri, Monteporzio, San Vito Romano, Pisoniano, Albano Laziale, Marino, Genzano, Grottaferrata, Lanuvio, Velletri, Rocca di Papa, Valmontone, Labico, Civitavecchia, Tolfa Allumiere, San Severa e Santa Marinella: coloro che non avevano terre da occupare nei propri comuni, si sarebbero recati in altre zone dell’Agro Romano e, in particolare per il comune di Roma, nella borgata di Torre Gaia (proprietà Grazioli, Cavazza, Ercolani) e al Divino Amore (tenuta Lanza). Oltre a queste tenute, nel Comune di Roma, secondo le notizie giunte in questura, si sarebbero volute occupare anche la tenuta in località Torre (frazione La Storta), la tenuta della principessa Hercolani in via Rocca Cencia altezza via Casilina km. 18 (oggi Borgata Finocchio), la tenuta del Duca Grazioli in località Osa (Osteria dell’Osa si trova oggi nella zona delle Torri) e la tenuta Vaccareccia del marchese Ferraioli, a Roma nord. In queste lotte, si evidenziò uno stretto rapporto tra Roma e la provincia. Come ha ricordato Aldo Tozzetti, “cosa avrebbero potuto fare questi contadini, lontani decine di chilometri dai loro paesi d’origine, senza la solidarietà attiva della popolazione di Roma? Tutte le notti venivano rastrellati dalla polizia, caricati sui camion, condotti a Roma e dispersi in varie parti della città. D’accordo con il movimento democratico, con le consulte popolari, i contadini si riunivano nella sezione Trionfale del partito comunista e la mattina dopo, a bordo di camion carichi anche di viveri e di coperte, tornavano sulle terre occupate”. <962
Le indicazioni di Pòlito per arginare queste possibili invasioni furono nette e decise a evitare episodi che potessero avere un’eco negativa nell’opinione pubblica: “Esperimenteranno, dapprima, accorta ed intelligente opera di persuasone per far desistere gli organizzatori ed i promotori da azioni illegali, avvertendoli della responsabilità penale cui vanno incontro. Ogni accorgimento dovrà adottarsi per scongiurare spiacevoli incidenti, che potrebbero essere sfruttati per finalità politiche. L’intervento in forza, in caso di assoluta necessità, per il ripristino dell’ordine eventualmente turbato, dovrà essere, possibilmente, sempre ordinato e diretto dai Sigg. Funzionari e dagli Ufficiali dell’Arma”. <963
Effettivamente, a partire dalla mattina del 4 dicembre si ebbero molti movimenti dei braccianti agricoli, che si diressero a occupare delle terre incolte, principalmente di proprietà di nobili <964.
Secondo una relazione del Gruppo esterno della Legione territoriale dei Carabinieri di Roma, essi erano dovuti intervenire in molte località: “1) Tenute lungo via Aurelia: Circa 40 elementi cooperativa Pisoniano invadevano tenuta “Gualdi” altezza km. 18 via Aurelia, abbandonandola successivamente seguito intervento Arma Castel di Guido; Altri 60-70 elementi medesima cooperativa Pisoniano hanno occupato terreno proprietà Banco S. Spirito via della Muratella – km. 22-28; Circa 120 braccianti cooperativa S. Vito Romano sostano km. 20 detta via Aurelia attesa disposizioni dirigenti, controllati Arma et P.S. 2) Tenute lungo via Casilina: Circa 50 elementi cooperativa Montecompatri et altri 400 elementi stessa cooperativa Montecompatri et Monteporzio successivamente affluiti at Km. 18 via Casilina per occupare terreni tenute Principessa Ercolani et Duca Grazioli hanno desistito proposito, allontanandosi località seguito intervento comandante tenenza Arma Casilina, cui si sono limitati indicare terreni di cui avrebbero preteso assegnazione. 3) Tenute lungo via Tiburtina: Circa 50 elementi cooperativa Italo Grimaldi – Settecamini hanno invaso tenuta Marchese Gerini km. 10 Tiburtina. Seguito intervento comandante stazione Ponte Mammolo hanno sgombrato terreno, lasciando memoria medesimo sottufficiale circa loro aspirazioni; Altri 20 elementi cooperativa Grimaldi hanno occupato 5 ettari terreno proprietà Bonanni km. 13 Tiburtina (Settecamini); 20 elementi sempre detta cooperativa hanno picchettato 10 ettari terreno incolto tenuta “Marco Simoni” proprietà Principe Brancaccio km. 18 Tiburtina (Settecamini). 4) Tenute lungo via Prenestina: […] Circa 50-60 elementi cooperativa Monteporzio Catone hanno picchettato in località Osa (Km. 15-16 Prenestina) tenuta Principessa Caravita, sgombrandola in seguito intervento Arma Stazione Tor Sapienza. 4) Tenute lungo via Ardeatina: Presenza forte contingente carabinieri tenenza S. Paolo habet indotto elementi provenienti Marino at desistere ogni tentativo occupazione tenuta “Falcognane” – F.lli Lanza – Divino Amore”. <965
Nonostante questi interventi delle forze dell’ordine, il 4 dicembre, furono occupate anche altre terre. Secondo Pòlito, interventi tempestivi, effettuati dalle forze locali di polizia, hanno consentito di controllare la situazione generale e sono valsi, in molti casi, a scongiurare le invasioni delle terre cosiddette incolte. Pur tuttavia, in alcune zone, gruppi di braccianti agricoli, forti del loro numero, non hanno aderito all’invito e alle diffide di desistere dall’azione illegale, e si sono recati ad effettuare occupazioni simboliche nelle seguenti località: 1°) verso le ore 8 di stamane, nella tenuta del Conte Manzolini, sita nella località “Palmarola Nova”, tra la borgata Ottavia e La Storta, al km. 14 di via Trionfale, circa 300 braccianti della Cooperativa “Pace e Lavoro”, di Ottavia, dopo aver scacciato il gregge, ivi pascolante, hanno occupato e picchettato un appezzamento di terreno. Per il ripristino dell’ordine e della legalità, è stato inviato sul posto una colonna autocarrata di guardie e carabinieri […]; 3°) le Tenute, site nella Borgata di Torre Gaia, sulla via Casilina, sono state occupate da circa 400 braccianti, provenienti da Montecompatri e Monteporzio. Il Tenente dei CC. della Tenenza Casilina, portatosi sul posto con adeguati rinforzi, ha fatto allontanare, senza necessità di intervento in forza, gli occupanti abusivi, invitandoli a seguire la via legale per ottenere l’invocata concessione delle terre; […] 9°) Terreno in località “Pontemammolo” è stato simbolicamente occupato da circa 50 braccianti, ma, mentre ne effettuavano il picchettamento, gli stessi sono stati allontanati dalle forze di polizia che hanno rimosso i picchetti; […] 13°) due colonne, provenienti da Monteporzio Catone, si sono portate in località “Finocchio”, e quivi, dopo aver fatto constatare all’Ufficiale dell’Arma presente sul posto che i terreni, che avevano intenzione d occupare, risultano incolti, hanno fatto ritorno ai rispettivi comuni; 14°) verso le ore 12,30 una colonna di forze di polizia al comando di funzionario di questo Ufficio Politico (Dr. Fontana) ha impedito l’occupazione della tenuta di proprietà Giorgi – di Monforte, sita sulla via Salaria, in prossimità di Roma; 15°) verso le ore 13,15, altre forze di polizia, al comando del Dr. Laurenziano, hanno disperso circa 300 contadini, che si accingevano ad invadere la tenuta del Notaio Balzi, sita in località Casteldiguida, sulla via Aurelia – km. 19 – nell’operazione sono state fermate 15 persone sprovviste di documenti di riconoscimento. Altri 20 fermi sono stati operati tra i braccianti, che avevano occupato la tenuta Manzolini, al km. 14 della via Trionfale, e che sono stati estromessi da una colonna di forze di polizia, diretta dal Commissariato di P.S. Dr. Angilella <966.
In una comunicazione successiva, Pòlito affermò che nella tenuta del conte Manzolini di Palmarola Nova, i picchetti degli occupanti erano stati rimossi senza incidenti, erano stati fermati ventitré di essi, tra cui quattro donne, ed erano stati portati in questura. Un nuovo tentativo pomeridiano di occupazione della tenuta Giorgi-Monfort, condotto da circa centocinquanta contadini guidati dai dirigenti della Federterra e dell’Anpi, era stato evitato, ed erano stati fermati sei dei dirigenti <967.
Il 5 dicembre risultavano ancora occupate solo la tenuta del Pio Istituto Santo Spirito al km 14 della via Aurelia, la proprietà Balsi, al km 17 della via Aurelia, la proprietà Lancillotti al km 10 della via Boccea, la proprietà dei fratelli Piscini in località Centrone (via della Muratella), dove una settantina di persone sostavano all’interno della tenuta <968: sia i terreni dell’Istituto di Santo Spirito sia quelli della tenuta Centrone erano stati occupati dopo una prima estromissione degli occupanti <969. Il 6 dicembre, i carabinieri allontanarono gli occupanti della tenuta Centrone, procedendo al fermo di tre «sobillatori» <970. Secondo la Camera del Lavoro, il 6 dicembre «a Ottavia come a Fiano e Torlupara sono stati operati arresti di 15 contadini che lavoravano la terra. Alcuni occupanti di Pisoniano, arrestati dalla celere e portati a Roma, non appena rilasciati sono immediatamente ritornati sulla terra e ne hanno continuato la lavorazione» <971.
In queste operazioni, come messo in luce anche da un articolo del «Tempo» <972, furono fermate molte persone. In un articolo sull’«Unità», che riprendeva un comunicato della Federterra, si denunciarono «le violenze delle forze di polizia, impiegate bestialmente ed in modo massiccio contro contadini inermi, rei solo di voler mettere a coltura terre da decenni incolte per l’egoismo di pochi sfruttatori» <973.
Anche nella giornata del 6, continuarono i tentativi di occupazione: un gruppo di braccianti della Cooperativa Carpici tentò di invadere una proprietà del barone Lazzaroni a Tor di Quinto ma si allontanò al sopraggiungere dei carabinieri; alcuni contadini di Castel Madama, allontanati dalla tenuta Marcigliana del duca Grazioli di via Salaria km 14, ritornarono nei pressi della tenuta, accampandosi in una grotta lì vicino; un gruppo di braccianti invase la tenuta Anzillotti, al km 10 di via Boccea, ma i carabinieri sgomberarono il terreno, fermarono nove persone e sequestrarono due trattori <974.
Nella mattinata del 7 dicembre, gruppi di braccianti – secondo Pòlito «molto meno numerosi di quelli dei giorni scorsi» <975 – si diressero verso i territori già occupati nei giorni precedenti. In gran parte, furono allontanati dalle forze di polizia prima di poter procedere alle occupazioni. Carabinieri e polizia sgomberarono i contadini della Cooperativa Pisoniano sia dalla tenuta Centrone (arrestando venti persone secondo i carabinieri <976, ventisette – «dimostratesi le più riottose all’invito di allontanamento» <977 – secondo il questore) e dalla tenuta Testa di Lepre del principe Doria (fermandone otto). I carabinieri della tenenza di Montesacro, inoltre, sgomberarono la tenuta Marcigliana del duca Grazioli Lante da circa cento braccianti della tenuta Castel Madama, che vi avevano iniziato la semina: quaranta furono fermati, mentre gli altri sessanta, in prevalenza donne e minori, furono ricondotti a Tivoli <978.
Secondo Aldo Natoli, intervistato dall’«Unità», l’atteggiamento delle forze dell’ordine durante questi episodi di sgombero, per quanto teso a scongiurare ulteriori eccidi dopo quelli di Melissa e Torremaggiore, non era stato certamente paterno: «Non c’è dubbio, per esempio, che l’uso del mitra debba essere stato per lo meno sconsigliato. In compenso, però, i solerti funzionari della Questura di Roma hanno escogitato una tattica complessa, come se conducessero contro i braccianti una vera e propria guerriglia, anche se con l’esclusione, fino a questo momento, della armi da fuoco. Sono stati operati in questi giorni centinaia di fermi, con una tecnica che ricorda quella del prelevamento degli ostaggi, o le razzie tedesche. Gruppi di braccianti, uomini e donne, vengono sistematicamente rastrellati, caricati su camions, trasportati a Roma e poi abbandonati a piccoli gruppi, qua e là, in luoghi diversi, allo scopo di sbandarli e disperderli. […] Altre volte la polizia compie veri e propri ratti» <979.
[NOTE]
953 Perna, Dalla liberazione di Roma ai movimenti di massa per la terra, l’occupazione, la democrazia e la pace, cit., pp. 45 6.
954 G. Settimi, L’attacco contro il latifondo in provincia di Roma, in Il movimento contadino nella storia del Lazio, 1945-1975, Atti del convegno indetto dall’Alleanza contadini del Lazio (Roma, 30 ottobre 1975), p. 101.
955 Santarelli, Storia critica della Repubblica, cit., p. 71.
956 Cfr. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., pp. 160-87, Turone, Storia del sindacato in Italia, cit., pp. 173-8 e Malgeri, La stagione del centrismo, cit., pp. 98-109. Sulla posizione del Pci nei confronti del bracciantato agricolo e delle sue richieste, cfr. Ivi, pp. 98-9 e Gozzini, Martinelli, Storia del Partito comunista italiano, VII, cit., pp. 84-106.
957 Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, cit., p. 228.
958 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 49, f. “Roma – Lavoratori agricoli”. Passim.
959 Agosti, Togliatti, cit., p. 380.
960 Ibidem.
961 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Comunicazione di Trinchero del 14 novembre 1949 riportata in una circolare di Pòlito del 22 novembre 1949. Pòlito diede ordini netti su come reprimere tali possibili occupazioni: «Le SS.LL. esperimenteranno dapprima tutti i mezzi persuasivi per scongiurare azioni di violenza o, comunque, illegali, e soltanto in caso di palesata resistenza, agiranno con la dovuta energia, a termini di legge, contro autori e promotori» (Ibidem).
962 Tozzetti, La casa e non solo, cit., p. 31.
963 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Circolare di servizio di Pòlito del 3 dicembre 1949.
964 Da 48 ore i braccianti occupano le terre incolte dei principi romani, «l’Unità», 6 dicembre 1949.
965 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Comunicazione del Gruppo esterno della Legione Territoriale dei Carabinieri del 4 dicembre 1949.
966 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 4 dicembre 1949.
967 Ibidem
968 Ivi. Comunicazione del Gruppo Esterno della Legione territoriale dei carabinieri di Roma del 5 dicembre 1949.
969 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 5 dicembre 1949.
970 Ivi. Comunicazione del Gruppo esterno della Legione Territoriale dei Carabinieri di Roma del 6 dicembre 1949.
971 Archivio storico Cgil Lazio, Cdl Roma, Comunicati, 1949. Comunicato del 6 dicembre 1949.
972 Numerosi fermi in periferia per l’occupazione di terre, «Il Tempo», 7 dicembre 1949.
973 18000 contadini arano i latifondi dell’Agro nonostante la Celere e le cariche di cavalleria, «l’Unità», 7 dicembre 1949. Il comunicato e l’articolo si riferiscono a tutta la Provincia, non solo al Comune di Roma. Gli incidenti più gravi, secondo il quotidiano comunista, si sarebbero verificati a Monterotondo, dove gli occupanti sarebbero stati caricati dalla polizia a cavallo. Secondo una comunicazione di Pòlito, invece, erano stati inviati sul posto «una colonna di Forze di Polizia ed un plotone di Carabinieri a cavallo», ma «all’arrivo della colonna sul posto gli occupanti si sono allontanati» (Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Comunicazione di Pòlito del 6 dicembre 1949).
974 Ibidem.
975 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 7 dicembre 1949.
976 Ivi. Fonogramma della Legione territoriale dei Carabinieri di Roma del 7 dicembre 1949, ore 18.
977 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 7 dicembre 1949.
978 Ivi. Fonogramma della Legione territoriale dei Carabinieri di Roma del 7 dicembre 1949, ore 18.
979 Alla guerriglia condotta dalla Polizia rispondono arando la terra occupata, «l’Unità», 8 dicembre 1949. Qualche giorno prima, un articolo di Luca Pavolini aveva invece descritto con toni più pacati l’atteggiamento dei carabinieri: «Gruppetti di carabinieri hanno seguito le colonne in marcia e sono rimasti sui margini dei campi a guardare le lavorazioni. Qualcuno di loro, nei paesi vicini, aveva il padre o il fratello impegnato ad occupare altre terre. Solo in qualche punto i carabinieri sono intervenuti. […] I carabinieri – così come aveva assistito alle pacifiche occupazioni – hanno assistito anche alle razzie dei “celerini”. “Li comandano, che devono fare?”, ci diceva un maresciallo panciuto, pieno d’esperienza e di capelli grigi» (Da 48 ore i braccianti occupano le terre incolte dei principi romani, «l’Unità», 6 dicembre 1949).
Ilenia Rossini, Conflittualità sociale, violenza politica e collettiva e gestione dell’ordine pubblico a Roma (luglio 1948-luglio 1960), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2014-2015

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Camuffati da poliziotti e civili attaccarono il corteo collasgarba2.altervista.org/ca
Nel maggio 1963 il Capo della polizia italiana Angelo Vicari aveva disposto un rafforzamento dei piani per il controllo dell’ordine pubblico. Inoltre, insieme al Ministro dell’Interno Scelba ideò una circolare che riguardava il cosiddetto “Piano E-S” (Emergenza-Speciale) <34. In caso di conflitto armato interno, si sarebbe provveduto a sospendere le

Il 2 maggio 1978 OP offrì un’ampia analisi politica della situazione italiana

Il dossier di «Op» Diario dell’irreale assoluto del 25 aprile 1978, descrisse gli avvenimenti nei cinque giorni che intercorsero tra il sesto comunicato Br ed il settimo. Pecorelli dedicò ampio spazio anche al falso comunicato brigatista del 18 aprile 1978, contenente l’annuncio dell’avvenuta esecuzione di Aldo Moro e le istruzioni per il ritrovamento del corpo presso il Lago della Duchessa, in provincia di Rieti <240. Un enorme dispiegamento di forze alla ricerca del cadavere di Moro che lo stesso presidente democristiano, nel suo memoriale, definì «la macabra grande edizione sulla mia esecuzione» <241.
“Un volantino anomalo, rachitico, frettoloso e recapitato in una sola città contrariamente ai precedenti, annuncia l’avvenuta esecuzione per suicidio di Aldo Moro, ed il suo seppellimento in un laghetto di montagna. I leader dei partiti, sempre più accasciati e con un che di ambiguo disorientamento, dispongono, pur nell’incertezza sull’attendibilità del messaggio, le ricerche. La via per il lago segnalata risulta impraticabile da terra a causa della neve e del gelo degli ultimi giorni. Si muovono elicotteri che depositano sciatori, esperti anti-valanghe e sommozzatori sul lago, il quale risulta oltre che coperto di neve fresca priva di impronte, anche totalmente ghiacciato. Non rimane che perforarlo, e senza alcun esito. Si dirottano le ricerche su un altro laghetto poco distante, che presenta caratteristiche meno ostiche e improbabili. Nulla” <242.
L’articolo collegò il falso comunicato con la scoperta del covo Br di via Gradoli, avvenuta lo stesso giorno. Per il giornalista si tratto di un’unica operazione accuratamente pilotata <243. Il rifugio venne scoperto grazie ad una fuga d’acqua, che secondo i vigili del fuoco sembrò essere stata volutamente provocata: uno scopettone era stato appoggiato sulla vasca, sopra ad esso qualcuno aveva posato il telefono della doccia in modo che l’acqua si dirigesse verso una fessura nel muro. Anche secondo Alberto Franceschini, ex Br, la vicenda del Lago della Duchessa e di via Gradoli andrebbero tenute insieme. Fu un messaggio preciso a chi deteneva Moro, per avvisare le Br che lo Stato avrebbe potuto catturarli in qualsiasi momento. Un’ulteriore ipotesi avvalorerebbe l’idea che il covo sia stato fatto scoprire appositamente da qualche brigatista contrario all’uccisione di Moro. Recentemente Steve Pieczenik, il consigliere americano chiamato al fianco di Francesco Cossiga per risolvere lo stato di crisi, nel libro “Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo 30 anni un protagonista esce dall’ombra” di Emmanuel Ammara <244, ammise la sua responsabilità in accordo, con Cossiga, nella creazione di un falso comunicato.
Si rileva il dubbio di Pecorelli sulla vicenda grazie all’articolo “Le allucinanti avventure degli investigatori”. Il giornalista, infatti, scrisse «Brigate rosse» e «terroristi» tra virgolette, quasi a voler insinuare il dubbio riguardo ai veri autori di tale scritto. “Ricevuta la copia del volantino delle “Brigate rosse” con il quale “i terroristi”, comunicavano la località dove sarebbe stato abbandonato il corpo di Aldo Moro, gli inquirenti si precipitano agli elicotteri messi a disposizione della Polizia e dei Carabinieri per raggiungere nel più breve tempo possibile la zona della Duchessa” <245.
Il 20 aprile 1978 le Brigate rosse annunciarono, nel vero comunicato numero sette, che la condanna di Moro sarebbe stata eseguita, lasciando uno specchio di ventiquattro ore per il possibile scambio di prigionieri. Pecorelli raccontò quelle ore di ultimatum nell’articolo del 25 aprile, “La ventiquattresima ora”.
“Siamo costretti a chiudere il numero mentre mancano ancora 24 ore alla scadenza dell’ultimatum delle Br. Trattare o non trattare? Sentiamo ripetere che lo Stato è in preda al dilemma. Ma il dilemma presuppone una scelta. In questo caso lo Stato, cioè la Dc e il Pci, si impediscono a vicenda di scegliere. La Dc vive un dramma nel dramma. Partito di cattolici, dovrebbe anteporre il rispetto della vita alle ragioni della politica. Solo una minoranza di democristiani sembra decisa a non sacrificare la vita del suo presidente. Se la Dc è divisa, gli altri partiti lo sono altrettanto” <246.
Il 2 maggio 1978, ad una settimana dal futuro ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani, «Osservatore politico» offrì un’ampia analisi politica della situazione italiana nell’articolo “Il Paese si può e si deve salvare”, cercando di dare un significato al rapimento ed immaginando le possibili ripercussioni di tale vicenda sul Paese. L’Italia apparse disorientata: comprese di vivere un momento politico cruciale tuttavia, secondo il giornalista, non riuscì ad andare oltre questa accettazione. Offrì, inoltre, una nuova interpretazione dell’eurocomunismo d’un partito scomodo ad entrambe le superpotenze mondiali.
“L’agguato di via Fani porta il segno di un lucido superpotere. La cattura di Moro rappresenta una delle più grosse operazioni politiche compiute negli ultimi decenni in un Paese industriale, integrato nel sistema occidentale. L’obbiettivo primario è senz’altro quello di allontanare il Partito comunista dall’area del potere nel momento in cui si accinge all’ultimo balzo, alla diretta partecipazione al governo del paese. È comune interesse delle due superpotenze mondiali mortificare l’ascesa del Pci, cioè del leader del comunismo che aspira a diventare democratico e democraticamente guidare un Paese industriale. Ciò non è gradito agli americani, perché altererebbe non solo gli equilibri del potere economico nazionale ma ancor più i suoi riflessi nel sistema multinazionale. Ancor meno è gradito ai sovietici. Con Berlinguer a Palazzo Chigi, Mosca correrebbe rischi maggiori di Washington. La dimostrazione storica che un comunismo democratico può arrivare al potere grazie al consenso popolare, rappresenterebbe non soltanto il crollo del primato ideologico del Pcus sulla III Internazionale, ma la fine dello stesso sistema imperiale moscovita. Ancora una volta la logica di Yalta è passata sulle teste delle potenze minori. È Yalta che ha deciso via Mario Fani” <247.
In previsione delle elezioni amministrative del 14 maggio, l’analisi politica continuò nei successivi articoli. Sebbene Pecorelli fosse convinto dell’imminente liberazione del leader democristiano <248, descrisse le varie possibilità di governo nel caso della liberazione di Moro o dell’esecuzione della sentenza del carcere del popolo. In questi articoli Pecorelli si domandò quanto avrebbe potuto influire e che ruolo avrebbe avuto il sequestro sull’opinione pubblica, divisa tra gli schieramenti favorevoli alla trattativa, il Psi di Craxi in primis, e quelli contrari ad ogni dialogo come la Dc o lo stesso Pci.
“Se Moro dovesse morire prima delle elezioni del 14 maggio, il Psi potrebbe affermare che è stata l’intransigenza dei democristiani e dei comunisti ad aver provocato il drammatico epilogo. Quale sarà allora la reazione dell’elettore Dc medio? Egli sa che sono stati gli sforzi di Moro a permettere l’ingresso del Partito comunista al governo, da ciò potrà dedurre che la Democrazia cristiana ha pagato un prezzo troppo alto se poi questo governo non è riuscito a salvare il suo presidente <249. Poniamo invece che Moro possa uscire vivo dall’avventura del sequestro. A maggior ragione gli uomini della Dc, il Vaticano, gli osservatori esterni, porterebbero eterna riconoscenza a Craxi. L’unico leader che dicendosi disposto a trattare ha consentito alle istituzioni il superamento di un difficile scoglio <250. Nel primo caso (Moro morto), sotto la spinta dell’elettorato medio, probabilmente gli attuali dirigenti Dc potrebbero essi stessi guidare il ritorno al rapporto preferenziale col Partito socialista. Nella seconda ipotesi ciò è escluso tassativamente: la Democrazia cristiana dovrà passare attraverso un travagliato e penoso processo di rinnovamento” <251.
[NOTE]
240 Il 18 aprile 1978 venne diffuso un falso comunicato, contenente l’annuncio dell’avvenuta esecuzione di Aldo Moro. Venne indicato il luogo dove trovare il cadavere del presidente democristiano, nei fondali del Lago della Duchessa in provincia di Rieti. Un comunicato falso che il Viminale dichiarò autentico, FLAMIGNI, Le Idi di marzo, p. 281.
241 Ivi, p. 284.
242 Diario dell’irreale assoluto. Lunedì 17 e martedì 18 aprile: la presunta esecuzione e la troppo inequivocabile scoperta del covo, «Osservatore politico», 25 aprile 1978.
243 «L’infiltrazione d’acqua fu una manovra deliberatamente attuata per provocare la scoperta del covo Br di via Gradoli 96 senza che ciò provocasse l’arresto di alcun brigatista. La teatrale scoperta del covo venne sincronizzata con la diffusione del comunicato Br del Lago della Duchessa. E se la scoperta del covo era chiaramente pilotata, il comunicato numero sette era palesemente falso», FLAMIGNI, Il covo di Stato. Via Gradoli 96 e il delitto Moro, Kaos 1999, p. 49.
244 EMMANUEL AMMARA, Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo 30 anni un protagonista esce dall’ombra, Cooper, Roma 2008.
245 Diario dell’irreale assoluto. Le allucinanti avventure degli investigatori, «Osservatore politico», 25 aprile 1978.
246 La ventiquattresima ora, «Osservatore politico», 25 aprile 1978.
247 Yalta in via Mario Fani, Ivi, 2 maggio 1978.
248 «A questo punto è lecito, più che un’ipotesi, formulare una logica e razionale previsione. A nostro avviso, non solo Moro non sarà soppresso dai suoi rapitori, ma è da ritenersi imminente la sua liberazione che sarà seguita da cerimonie trionfali e festeggiamenti popolari paragonabili solo all’incoronazione di Napoleone», Brigate rosse, arcangeli sterminatori arcangeli purificatori, «Osservatore politico», 2 maggio 1978.
249 Se Moro muore, voti alle colombe, Ibidem.
250 Se Moro vive, voti alle colombe, Ibidem.
251 In entrambi i casi la Dc dovrà cambiare linea, Ibidem.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012-2013

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